La febbre del cibo: "Bologna, il tuo odor di benessere"
19 dic 2024 - La nuova videoinchiesta di Libera Bologna
Nelle notti scorse qualcuno o qualcuna, forse un piccolo gruppo di persone, ha scritto i nomi di alcune vittime innocenti della mafia uccisi nel territorio foggiano, e lo ha fatto utilizzando il colore rosso, lasciando un segno profondamente simbolico in zone del centro storico di Foggia, luoghi in cui, probabilmente, si avverte maggiormente la profonda sofferenza dell’identità cittadina. Chi ha lasciato quelle scritte, che ricordano nomi noti e meno noti in città, lo ha fatto con una consapevolezza disarmante, si è documentato, letto le storie sul web. Ha deciso che quei nomi dovevano restare non solo nelle parole di alcuni di noi che raccontano, in questa terra, le storie di quelle persone, ma anche impresse nei luoghi, a “futura” memoria.
Mi colpisce, anche, che abbiano scelto le “nostre” storie, senza sottrarsi alla memoria locale che, spesso, fa più paura e da cui per molto tempo la narrazione comune si è tenuta ben lontana. Perché queste storie bruciano ancora, storie di persone che hanno vissuto tra noi, che hanno amato questa terra. Sono le nostre storie e quelle scritte parlano a tutti, nessuno escluso. Hanno parlato anche al gruppo di ragazzi che ha pensato il progetto “sFoggia” e che le ha fotografate e raccontate con una profonda riflessione pubblicata sul loro sito, intitolandola “Siamo tutti colpevoli”. Un titolo accompagnato da parole forti che inchiodano la comunità alle proprie responsabilità, ognuno per la sua parte, che chiedono che la comunità decida in modo inequivocabile da che parte stare, che “brucino” - è l’espressione da loro utilizzata” - le parole tanto utilizzate per indicare il continuo attacco da parte della mafia “basta che si uccidano fra loro e loro”. Quante volte l’ho ascoltata questa espressione, frutto della continua sottovalutazione e narrazione errata della mafia, anzi delle mafie, del foggiano come in tante altre parti del Paese.
Quei nomi scritti in rosso ci ricordano che le mafie sparano al cuore delle nostre comunità, lasciando una scia di sangue che, purtroppo, a causa della cultura intrisa di omertà non ha condotto per tanti anni, troppi, ad un urlo collettivo. La consapevolezza che traspare da quelle scritte fatte da sconosciuti, il bisogno di cambiamento che raccontano le riflessioni dei ragazzi di “sFoggia”, sono per me un segno importante, di incoraggiamento e di speranza.
La grave crisi sanitaria che viviamo, e con essa quella economica e sociale che ne consegue, rischia di risucchiare, ovunque e in modo devastante in territori già fragili, ogni aspirazione al cambiamento rispetto ad una penetrazione mafiosa che sembra sempre più solida. Le ultime grandi operazioni investigative sulla mafia foggiana, penso a quella denominata “Grande Carro”, sono la prova di quanto queste mafie hanno allargato le mire del proprio operato.
Loro, i mafiosi, ci saranno ancora dopo la pandemia e quei nomi in rosso ci ricordano quanto sia importante tenere insieme le fila di una resistenza che viene da lontano e che probabilmente oggi deve essere ancora più attenta a riconoscere i segni di cambiamento che possono tracciare altre e nuove strade di impegno e consapevolezza collettivi.
Daniela Marcone, vicepresidente nazionale Libera