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Agenzia Nazionale dei beni confiscati compie dieci anni

Libera: "In dieci anni tanti passi in avanti, ma ancora tanto rimane da fare per una riforma ancora da completare".

Agenzia Nazionale dei beni confiscati compie dieci anni

Il 4 febbraio di dieci anni fa venne istituita l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, con un decreto legge che evidenziava nelle premesse “la straordinaria necessità e urgenza di istituire un organismo che assicuri l’unitaria ed efficace amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni mafiose, anche attraverso uno stabile raccordo con l’autorità giudiziaria e le amministrazioni interessate, al fine di garantire un rapido utilizzo di tali beni”.

Partendo da queste esigenze, condivise con tante associazioni e molti rappresentanti istituzionali durante le giornate di Contromafie - Stati generali dell’antimafia del 2006 e del 2009, Libera aveva fortemente richiesto la nascita dell’Agenzia, cabina di regia nazionale che potesse assicurare l’efficiente gestione del sempre più vasto patrimonio immobiliare, mobiliare e aziendale sottratto alla disponibilità dei mafiosi e dei corrotti, grazie all’impegno delle forze di polizia e della magistratura.

Ma le difficoltà di funzionamento dell’Agenzia furono subito evidenti, a causa anche di enormi vuoti di organico, carenze procedurali e mancanza di competenze adeguate ai compiti assegnati ed alle funzioni di coordinamento nazionale a cui era stata chiamata ad adempiere, in raccordo con le Amministrazioni statali, regionali e gli enti locali. Queste difficoltà operative portarono inevitabilmente alla elaborazione di una ulteriore riforma del codice delle leggi antimafia - grazie alle proposte di modifica arrivate dal disegno di legge di iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro”, dal Ministero della Giustizia e dalla Commissione parlamentare antimafia - giunta in approvazione definitiva solo nell'autunno 2017. Una riforma che, insieme alle modifiche del 2018, ha portato la dotazione organica da 30 a 200 unità, di cui 70 tramite concorso pubblico (anziché ricorrendo solo alle procedure di mobilità interna) ed ha previsto al contempo la possibilità di avvalersi di ulteriori 100 unità di personale non dirigenziale in posizione di comando da altre amministrazioni.

Un passo in avanti importante anche se si sarebbero potute fare scelte più incisive, prevedendo in linea generale concorsi di selezione pubblica di professionalità con qualifiche interdisciplinari. L’aumento dell’organico è, infatti, rimasto solo sulla carta, senza tradursi concretamente in un potenziamento dell’Agenzia. Il bando di concorso pubblico non è stato ancora avviato, mentre solo nel dicembre scorso, con la legge di bilancio per il 2020, è stato introdotto un meccanismo che semplifica le procedure di inquadramento nei ruoli dell’Agenzia e rende finalmente possibile l’aumento di cento unità, con la relativa copertura finanziaria.

Un enorme ritardo che continua a gravare inevitabilmente sulle procedure di destinazione dei beni, rallentando e in alcuni casi ostacolando il loro riutilizzo per finalità pubbliche e sociali, tradendo nei fatti i principi sanciti dalla legge Rognoni La Torre e dalla legge n. 109/96, approvata grazie alla raccolta – 25 anni fa - di più di un milione di firme.

In questi dieci anni di attività, l’impegno dell’Agenzia nazionale è sempre di più cresciuto, nonostante le carenze e le criticità operative nella sede nazionale e nelle sedi territoriali. Passi in avanti sono stati compiuti su più fronti: nel campo delle destinazioni dei beni (con lo sforzo di accelerare le procedure il più possibile), nella trasparenza e pubblicità dei dati sui beni e sulle aziende confiscate, attraverso l’attivazione delle piattaforme OpenRegio e Open data aziende confiscate, nell’organizzazione delle Conferenze di servizi attivate dall’Agenzia in collaborazione con alcune Prefetture e nella pubblicazione delle linee guida per l’amministrazione finalizzata alla destinazione degli immobili sequestrati e confiscati.

Ma ancora tanto rimane da fare. In primo luogo occorre dare certezza dei tempi per portare a regime l’organico che – se pienamente in funzione - consentirebbe, infatti, di ottenere un cambio di passo determinante nella destinazione degli 11.000 beni immobili (in termini di particelle catastali) confiscati in via definitiva e ancora da destinare, nel monitoraggio e verifica dell’effettiva restituzione alla collettività degli oltre 16.000 beni immobili già destinati allo Stato o ai Comuni, nell’azione di supporto all’autorità giudiziaria e di accompagnamento alla programmazione e progettazione dei Comuni e delle organizzazioni sociali e sindacali. Insieme al cambio di rotta richiesto nella gestione delle aziende sequestrate e confiscate e per tutelare i loro lavoratori. Tutti obiettivi contenuti nel documento di strategia nazionale per la valorizzazione pubblica e sociale dei beni confiscati, attraverso le politiche di coesione, approvato poco più di un anno fa.

Per queste ragioni, chiediamo al Governo e al Parlamento di intervenire con urgenza, rimettendo al centro delle priorità dell’azione politica l’impegno a migliorare l’operatività dell’Agenzia al fine di sostenere e sviluppare le buone pratiche amministrative e sociali attivate dal 1996 ad oggi, riconosciute ormai a livello europeo ed internazionale. Come è accaduto con la Direttiva europea del 2014 e, più recentemente, quando la VIII Conferenza degli Stati Parte della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione si è conclusa, il 20 dicembre 2019, con l’approvazione di una Risoluzione che fa esplicita menzione del riuso a fini sociali dei beni confiscati come modello che gli Stati Parte sono incoraggiati a prendere in considerazione.