Foggia, prima udienza del processo operazione Decima Azione bis
15 set 2021 - Libera si costituisce parte civile, naturale sbocco dell'impegno profuso dall'associazione nella lotta alla criminalità organizzata
Sulla sentenza di primo grado relativa all’accertamento delle trattative tra esponenti dello Stato e referenti delle cosche mafiose dopo la stagione stragista del ‘92-‘93, alcuni commentatori esprimono critiche molto severe. Per Libera, si tratta invece di «una pagina di verità e giustizia che finalmente viene scritta su uno dei periodi più oscuri della nostra Repubblica».
Abbiamo sentito in proposito l’avvocato Vincenza Rando che ha seguito il processo a nome di Libera che, racconta, si «è costituita parte civile del processo e ha seguito tutte le udienze per stare vicino ai magistrati. Non li abbiamo lasciati soli perché non si costruisce giustizia senza la ricerca della verità».
Cosa ha detto di nuovo la sentenza e cosa comporterà in concreto? La mafia non sembra ormai silente e in fase di inabissamento?
La sentenza ha sostanzialmente confermato l’ipotesi accusatoria dei pubblici ministeri che con tanto rigore e correttezza hanno condotto una indagine approfondita e scrupolosa. La sentenza ci fa leggere in maniera più chiara quanto è successo nel ‘92 e anche dopo. Naturalmente è importante leggere le motivazioni della sentenza. Quello che cambierà è la lettura di quel momento storico e tutti abbiamo il dovere di conoscere quanto è successo nel nostro Paese. Le stragi hanno portato dolore, morte e anche paura e quindi questa sentenza ci riguarda anche come cittadini di questo Paese. La mafia negli ultimi anni ha fatto una scelta precisa, quella dell’inabissamento, ma è sempre più rafforzata perché ha scelto agli atti di violenza e di minaccia altre condotte, per esempio quello di corrompere oppure di ricattare coinvolgendo, affascinando anche imprenditori, politici, professionisti con tanta debolezza etica.
“Libera si è costituita parte civile del processo e ha seguito tutte le udienza per stare vicino ai magistrati”. Perché questa sottolineatura? Che solitudine stanno vivendo i magistrati inquirenti?
Libera si è costituita parte civile in questo processo, come in altri processi che sono significativi per i territori e per conoscere cosa è successo in alcuni posti, per leggerlo, perché siamo convinti che per essere cittadini responsabili è importante conoscere, approfondire, sapere. In questo processo Libera si è costituita parte civile in dibattimento e ha seguito tutte le udienze perchè questo processo per noi ha significato capire e conoscere cosa è successo nel periodo più buio del nostro Paese, e conoscere la verità significa guardare avanti. Questo processo poi ha visto la disattenzione di tanti, oppure gli attacchi immotivati ai pubblici ministeri che hanno seguito il processo con tanta professionalità, attenzione e portando prove ed elementi a prova di quanto sostenevano e ci sembrava giusto essere accanto a coloro che stavano aiutando il Paese, con coraggio, a capire quanto è successo in quegli anni. I pubblici ministeri sono stati attaccati, sono stati accusati di essere sovversivi, accuse, per noi, ingiuste ed assurde. I pubblici ministeri del processo hanno seguito tutte le udienze nel pieno rigore processuale e proprio per questo abbiamo deciso di esserci e di stare dalla loro parte, che per noi significa stare dalla parte di coloro che “cercano” la verità. Con questa sentenza è stata scritta una bella pagina di verità e giustizia.
La sentenza è collegabile con quanto il giudice Giancarlo Caselli, assieme a Guido Lo Forte, ha voluto ribadire in un libro recente per far valere il senso della sentenza sul processo Andreotti? E cioè l’archiviazione per prescrizione di fatti comunque accertati cioè il reato di associazione a delinquere con Cosa nostra commesso fino alla primavera del 1980?
Credo che la sentenza contro Andreotti non si è voluta leggere, tanti ne parlano e nessuno la conosce. Come si fa a parlare di cose che non si conoscono specialmente quando sono così importanti?
C’è una responsabilità delle parole e quando si danno giudizi si deve conoscere. Bene ha fatto Caselli a dire con chiarezza cosa ha provato quella sentenza e cioè che il reato di associazione era stato commesso fino alla primavera del 1980, ma era prescritto. Il Paese, i giovani e gli adulti hanno bisogno di verità e non di menzogna, sulla menzogna non si costruisce futuro e noi abbiamo il dovere di costruire un futuro consapevole e migliore perché solo così si possono fare delle scelte. Capire che le mafie uccidono il “futuro” e la “speranza” significa scegliere da che parte stare.
Fonte: Citta Nuova di Carlo Cefaloni