Verso ControEcomafie
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«Il pentito Antonio Valerio lo ha detto in aula: guardate che continuano a fare affari, fuori c’è la fila dei giovani per il battesimo nella cosca». Vincenza Rando, vicepresidente nazionale e legale di Libera, che si è costituita parte civile nel processo Aemilia, avvocata a Modena, ripensa a quelle frasi. Anche per questo non si stupisce del nuovo blitz antimafia, denominata operazione “Grimilde”, orchestrata dalla Antimafia di Bologna che ha visto impeganti 300 uomini delle forze dell’ordine che hanno eseguito 16 arresti.
Dopo Aemilia c’è ancora un’altra Aemilia?
«Chi credeva che con il processo non continuassero a fare affari si sbagliava. Si è verificato anche qui quel fenomeno di inabissamento delle mafie: rendersi invisibili per continuare a esistere. Non c’è un prima e dopo, Aemilia è lo specchio di una realtà criminale che sotto il profilo economico, più che militare - anche se abbiamo avuto omicidi, camion e cantieri incendiati - va avanti. Le parole del pentito sono più inquietanti riferite alla realtà emiliana».
La nuova operazione non a caso è stata chiamata col nome della strega di Biancaneve, Grimilde, che non riesce a vedere allo specchio i suoi difetti.
«Ormai nessuno nega la presenza delle mafie al Nord, ma occorre una maggiore consapevolezza. I sindacati ce l’hanno, alcuni professionisti e le cooperative si sono messi a studiare. Ma è il mondo economico tutto che deve essere più attento. Confindustria è parte civile in Aemilia. Non basta. Gli imprenditori sono vittime, ma anche complici con l’evasione dell’Iva e le false fatturazioni, reati tipici di queste consorterie. I clan arrivano gentili, propongono affari, tu pensi di crescere, lo fai economicamente in nero, ma poi perdi tutto: non salvi né l’azienda né te stesso. La parte sana deve reagire».
Tra le persone arrestate c’ è anche Giuseppe Caruso, diventato presidente del consiglio comunale a Piacenza quando era già legato a doppio filo con la famiglia Grande Aracri. Lei come legge questo segnale?
«Brescello ha insegnato che c’erano amministratori disattenti e con gli occhi chiusi. Il caso Caruso indica invece che si usano legami corruttivi per ottenere rappresentanza. Come ha avuto i voti Caruso? Magari millantava, ma nelle intercettazioni dice di conoscere tutti. Dunque non va in consiglio comunale per rappresentare l’idea del suo partito, ma usa le sue condotte criminose per avere consenso, anche se lo fa in modo accorto e raccomandava a Salvatore Grande Aracri di rimanere defilato. Perché si fanno affari rimanendo coperti».
Dov’è che la politica è chiamata a fare di più?
«Intanto deve avere un ruolo forte nella selezione dei suoi rappresentanti. E deve dirlo chiaramente, anche nei programmi, che è contro le mafie e la corruzione».
Crede che gli anticorpi siano venuti meno?
«Gli anticorpi esistono quando riesci a prevenire. Questa nuova operazione riguarda fatti criminosi risalenti al 2010 e siamo nel 2019. La politica, la società civile e il mondo economico devono arrivare prima delle indagini. Molto si è fatto, anche con le scuole, abbiamo portato tremila studenti al processo Aemilia. Occorre lavorare su una cultura diffusa».
Dalla maxi truffa ai danni del Ministero dei Trasporti emerge nuovamente la zona grigia dei professionisti.
«Le cosche hanno bisogno di competenze e allettano i professionisti con l’idea dei soldi facili. Il caso della truffa, poi, ha dell’incredibile. Per avere i risarcimenti per le vittime di mafia l’iter è lunghissimo e attentissimo sia nella procedura che nella documentazione da allegare, e invece qui c’è un ministero che invece rimborsa, sulla base di una sentenza falsa, oltre 2 milioni. Ma i controlli?».
Lei ha lavorato a un testo unico sulla legalità in Regione: può bastare?
«È un passo avanti. Ma se ci fosse più etica non servirebbero tante leggi. Questa regione ha sofferto di una crisi morale più che economica. Per questo l’azione giudiziaria non basterà a sradicare le mafie».
27.06.2019 | La Repubblica Bologna | Ilaria Venturi