Libera in America Latina // ALAS – América Latina Alternativa Social

Non saremo mica argentini!

Giramondi 2024, racconto di Giovanni Esposito

Giramondi Argentina è stata un’esperienza talmente intensa, fatta di emozioni e avvenimenti, che mi viene naturale dividerla in due atti, come in una pièce teatrale, o in due tempi per gli amanti del cinema. La prima parte di questa storia si chiude a Kopel, un barrio (quartiere) di Rosario, dove un murale ritrae un ragazzo che gira in bicicletta. Pocho, divenuto suo malgrado, “l'angelo della bicicletta” perché vittima di un’aggressione incauta da parte di uno Stato poco attento e complice, ci ricorda cosa significa resistere in questi luoghi. Non solo alla miseria, ma soprattutto all'impoverimento culturale ed educativo verso cui il nuovo governo argentino sembra ambire, senza però riuscire a scalfire l'anima di questa gente che fa sentire la sua voce, robusta e affamata di giustizia sociale, anche dai microfoni di una radio.  

Già a Rosario, questa voce comincia a farsi strada, e all'Università di Diritto della città ci viene raccontato il progetto Bien Restituido, che vede la partecipazione di tutta la rete sociale conosciuta nei primi giorni a Buenos Aires e che sembra incarnare la resistenza del Che, nato proprio in questa città.

Nonostante l’assenza di una legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati,  dal palco di quell’ università, rappresentanti accademici, sociali e politici, si impegnano a proseguire con determinazione anche dopo la chiusura formale del progetto, consapevoli che l’attuazione di una normativa simile potrebbe sottrarre i ragazzi dalla strada e ridurre il rifornimento di nuove leve ai narcos.

E così, una piscina confiscata a un narcos si riempie di bambine/i e ragazze/i che partecipano alla lezione di pallanuoto, mentre su campetti polverosi si gioca con la pelota sognando di diventare nuovi Messi. Ci lasciamo alle spalle Buenos Aires, un intreccio di storie, volti e realtà che si sono susseguite una dopo l'altra, rivelando una vivacità intensa, che lavora senza sosta. Da Casa Nazareth, dove si sono raccontate le prime drammatiche storie dei desaparecidos della dittatura civico-militare, ai ragazzi e alle ragazze della tienda social, alla realtà di Multipolar, passando per le donne di Red Creer, e  quelle cariche di speranza ed fiducia della cooperativa di San Cayetano nel Barrio Barreca. Buenos Aires, sorniona, ci ha lasciati però sospesi, come se volesse dirci: "Nei prossimi giorni, quando tornerete, tante cose saranno più chiare e il mosaico si completerà con tutte le sue tessere".

Abbracciando Toki, il nostro riferimento a Rosario, che salutiamo sulle note di Bella Ciao cantata con l'associazione Tercer Tiempo, mi viene da pensare che questi argentini abbiano tanto degli italiani. O forse siamo noi, cresciuti fra Che Guevara e Maradona, che ci piace sentirci un po' argentini.

Voliamo verso Bariloche, in un volo notturno che apre la seconda parte di una storia densa e profonda, fatta di relazioni umane. Bariloche è una città alle porte della Patagonia, dove sembra di essere in Svizzera, tra cioccolata e baite di montagna. Passeggiando per strade che un tempo nascondevano latitanze di criminali nazisti, scopriamo anche qui un tessuto di resistenza sociale inaspettato: bellissimi spazi pensati per persone più fragili con Cre-Arte, scuole innovative con Fundación Nueva Vida e associazioni attente all’ambiente come Jóvenes por Bariloche e Circuito Verde. Tuttavia, nonostante il paesaggio mozzafiato della Patagonia, le disuguaglianze sociali non passano inosservate e sembrano ancora più evidenti in questo angolo di mondo sperduto. Forse è proprio questa sensazione di amaro che ci lascia Bariloche a farci nascere dubbi, più che certezze, su un paese come l’Argentina, davvero ricco di contraddizioni.

Al ritorno a Buenos Aires, negli ultimi giorni della nostra permanenza, la città comincia a svelarsi poco a poco, rivelando un fascino che nei primi giorni ci era sfuggito. Nuovi volti accompagnano il nostro cammino, che ci porta in barrios molto diversi tra loro, dove la forbice fra povertà e ricchezza diventa sempre più evidente. Ci sono scuole aperte tutto il giorno, centri diurni che incentivano la partecipazione giovanile, e gruppi di donne che resistono per far valere i propri diritti nei quartieri come La Boca, San Telmo e Barreca, che non sono offuscati dall’opulenza delle luci notturne di Puerto Madero.

E poi la memoria: dopo una corsa irreale sotto la pioggia battente, lungo la cancellata dell’Esma, l’ex scuola militare trasformata in centro di tortura durante la dittatura e poi luogo di memoria, arriviamo all'ingresso. Un gruppo di donne ci accoglie e, bagnati e infreddoliti, ascoltiamo i loro racconti. Ripenso a quelle gocce di pioggia, che altro non sono se non lacrime di sofferenza e disperazione per più di 30.000 persone rapite, torturate e uccise in una delle pagine più angoscianti della storia argentina. L'Esma è un non-luogo, dove vieni catapultato in un’epoca che non può e non deve essere dimenticata.

Ripartiamo con la consapevolezza che Giramondi è e rimane un progetto straordinario, che ti permette di guardare in faccia realtà che non ti saresti mai immaginato. Durante il viaggio, ti senti quasi sospeso, tra quello che ti eri immaginato e ciò che effettivamente accade. Non è facile ricentrarsi tra i luoghi che abbiamo visto e i volti che abbiamo incontrato, ma ogni realtà e ogni associazione te la porti via con te, una per una. Dietro ogni volto c’è una storia di cui diventiamo testimoni, e l’Argentina, con il suo tessuto sociale fatto di associazionismo, scuole e volontariato, è stata uno specchio importante anche rispetto alle tante esperienze significative che esistono in Italia, alle quali si ispirano grazie al lavoro incredibile della rete Alas (América Latina Alternativa Social), promossa da Libera in tutta la regione latinoamericana.

L’esperienza in Argentina, ma non solo, per chi lavora nell’ambito socio-educativo, è stata densa di momenti di scambio di pratiche significative. Quello che colpisce di più è la loro carica emotiva, che nonostante tutte le difficoltà e le crisi passate e presenti, rimane un esempio di resilienza. Questa energia dona vigore anche a tutto ciò che quotidianamente facciamo nei nostri territori con le nostre attività sociali. L’immagine della piscina, sottratta ai narcos e piena di ragazzi, con tanti adulti che spendono le loro energie per loro, è per me la fotografia più rappresentativa, perché dimostra che non si aspetta una legge per restituire un bene comune alla comunità, ma si lavora con dedizione a quel sogno, ancora prima di vedere il cambiamento, per riqualificarlo, migliorarne l’utilizzo e renderlo utile per tutti. "Perché non c'è tempo da perdere".

È in questa immagine che ho ritrovato il sistema valoriale di Libera, toccando con mano quanto sia forte la credibilità e la stima che la nostra associazione gode a livello internazionale, dove viene vista come un punto di riferimento. Questo si concretizza nel lavoro straordinario che la rete Alas porta avanti da anni, con determinazione e coraggio.

In questo contesto, il gruppo di Giramondi si è integrato, diventando a sua volta una comunità che si educa, si forma e rafforza conoscenze e relazioni. In conclusione, sono convinto che Giramondi sia un modo di viaggiare intenso, con una potenza emotiva straordinaria, sulla quale non cambierei nulla. L’aspetto turistico è un valore aggiunto dal quale mi lascio semplicemente sorprendere. In 15 giorni ho vissuto un’esperienza che forse avrei vissuto da solo in sei mesi.  La storia, poi, ognuno la conclude come meglio crede. Noi, nel frattempo, speriamo di vederci l’anno prossimo! Hasta luego.

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