Mafia inabissata: la nuova invisibilità del crimine organizzato
19 nov 2024 - I dati del sondaggio Libera-Demos per Repubblica
Tutti noi, partecipanti della Rete Alas Brasile, la rete latinoamericana promossa da Libera, insieme ai movimenti sociali e democratici, che si dedicano alla difesa dei diritti del nostro Paese ripudiamo con forza e ci mobilitiamo contro il vile tentativo di colpo di stato promosso dai “bolsonaristi” che ha avuto luogo a Brasilia domenica 8 gennaio 2023, sostenuti dagli apparati di sicurezza pubblica del luogo.
Domenica scorsa circa 4000 criminali si sono recati nella capitale brasiliana a bordo di autobus provenienti da diverse parti del Paese per unirsi a coloro che già si trovavano lì, convocando un colpo di stato militare contro il governo democraticamente eletto il 30 ottobre del 2022 e insediatosi il 1° gennaio 2023. Il movimento dei golpisti era già stato segnalato dalle autorità federali, le quali avevano allertato il governatore del Distretto Federale, responsabile della sicurezza di Brasilia. Era stato definito un piano per mantenere l’ordine e proteggere gli edifici pubblici, ma domenica mattina, all’ultimo minuto, il piano è stato modificato con l’approvazione del governatore del Distretto Federale, Ibaneis Rocha Barros Júnior, eletto con il sostegno dell’ex presidente Jair Bolsonaro. Insieme al governatore, anche Anderson Torres, ex ministro della Giustizia del governo Bolsonaro e attuale segretario alla Sicurezza della capitale, era responsabile della supervisione e dell’attuazione delle misure che avrebbero dovuto garantire il rispetto dell’ordine democratico e della proprietà pubblica in qualsiasi manifestazione. Tuttavia, Torres si è recato a Miami, negli Stati Uniti, dove si era già diretto l’ex presidente Bolsonaro pochi giorni prima della fine del suo mandato.
Riunitisi alla stazione degli autobus di Brasilia, i golpisti hanno marciato verso la piazza monumentale dove si trovano gli edifici dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, scortati dalla polizia di Brasilia. Arrivati a destinazione, i pochi poliziotti assegnati a sorvegliarli non hanno opposto resistenza. I pochi che ci hanno provato sono stati attaccati senza il soccorso della scorta degli assalitori. La guardia presidenziale non è bastata a mantenere l’ordine di fronte alle forze combinate dei civili golpisti e del sistema di sicurezza del governo, che si è dimostrato più che indulgente nei confronti della violenza sviluppatasi nel corso del pomeriggio e delle prime ore della sera. In quel momento, la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica e gli edifici dei tre poteri erano vuoti. Il palazzo presidenziale doveva essere sottoposto a lavori di ristrutturazione e gli altri edifici erano rimasti vuoti per la pausa di fine anno. Questi simboli della repubblica con sede nella città, progettata dall’architetto Niemeyer per rappresentare l’unione di tutti i brasiliani, sono stati oggetto di vandalismo per diverse ore.
La devastazione è stata enorme: durante l’invasione sono stati demoliti mobili, distrutti documenti, è stata rubata una copia della Costituzione che succedeva quella della dittatura civile-militare, le opere d’arte sono state distrutte a colpi di coltello, gettate dalla finestra o rubate, la Camera dei Deputati e la Camera del Senato sono state vandalizzate, delle armi sono state rubate dalla sede della sicurezza istituzionale, rifiuti lasciati dalla folla che si è sentita libera di registrare per i social con la solita bestialità, mostrando persino il sostegno dei membri delle forze armate e della polizia.
Nel tardo pomeriggio, il presidente Lula ha disposto l’intervento per la sicurezza della capitale, ai sensi della Costituzione. Gli edifici sono stati sgomberati e i criminali sono stati arrestati e identificati dalla Forza di Sicurezza Nazionale, sotto il coordinamento legale del governo federale. Nella mattina di lunedì 9 gennaio, la Corte Suprema Federale ha rimosso il governatore del Distretto Federale dal suo incarico per 90 giorni, estendendo l’intervento nell’amministrazione della capitale del Paese.
Ciò che è chiaro è che questa mobilitazione fascista, le omissioni da parte delle autorità, le deviazioni del piano di sicurezza non sono né state improvvisate né sono state delle decisioni individuali degli agenti di polizia. L’ex presidente Bolsonaro e i politici che lo sostengono pubblicamente hanno continuato con quella che è stata l’unica opera del suo governo: la costruzione sistematica di un clima di odio e disprezzo verso la democrazia. Bolsonaro, con le sue azioni, ha appoggiato le iniziative più fanatiche dei suoi sostenitori radicali, sostenendoli nell’incoraggiare la rottura della gerarchia delle forze di sicurezza nelle unità federative.
Noi difensori dei Diritti Umani brasiliani siamo consapevoli della brutale eredità che le dittature hanno lasciato alle forze di pubblica sicurezza del Brasile: militarizzate, di natura estremamente violenta, sono ancora molto resistenti alle idee democratiche e altamente suscettibili alla corruzione. Nelle loro azioni quotidiane si verificano ancora, durante il periodo democratico, sparizioni forzate, torture, razzismo, sessismo, massacri, omicidi, minacce e tutte le altre forme di mancanza di rispetto per l’umanità. La polizia, nata in epoca coloniale e specializzatasi durante le dittature nell’essere una barriera di contenimento contro il popolo a favore delle classi dominanti, è oggi molto incline ai colpi di Stato. Il bolsonarismo non solo ha fomentato la parte peggiore della cultura militare e poliziesca, ma ne ha corrotto i vertici del comando mettendoli al servizio del suo obiettivo di tenere sotto costante minaccia le forze democratiche e la popolazione civile. Inoltre, ha dotato i suoi sostenitori di misure che hanno facilitato l’accesso alle armi non controllate.
Sebbene questo episodio di invasione degli edifici a Brasilia mostri in realtà l’agonia di un gruppo che ha decretato la disgrazia del Paese ed è stato destituito dal popolo, rappresenta un problema di notevole gravità per l’ordine democratico del Brasile e dell’America Latina. Per noi, in quanto movimenti sociali democratici del Brasile, non è una novità dover insistere sul fatto che ciò che accade in questo Paese ha ripercussioni nei Paesi del continente, e che quest’ultimo funge da laboratorio per le strategie dell’estrema destra nel mondo. L’assalto alla democrazia è una minaccia per tutti e tutte.
Gli atti di vandalismo compiuti dai terroristi di estrema destra in Brasile rievocano l’invasione del Campidoglio degli Stati Uniti avvenuta il 6 gennaio del 2021, in seguito alla sconfitta elettorale di Donald Trump. Questo simbolismo alimenta i sostenitori dell’autoritarismo e favorisce le narrazioni che sostengono gli attacchi ai diritti umani, in nome di un ordine reazionario che opera secondo il comandamento di uccidere e lasciar morire. L’orrore e la negligenza dolosa sono stati il risultato del colpo parlamentare del 2016, la spettacolarizzazione delle azioni della polizia che hanno sostenuto il processo di lawfare con le conseguenze più catastrofiche cui assistiamo oggi contro la civiltà e la democrazia.
In Brasile stiamo affrontando la sfida di ricostruire il Paese. Non c’è simbolismo più evidente della reazione dei fascisti che cercano di distruggere i simboli dell’ordine costituito e quelli che ci uniscono. Non potranno metterci a tacere, distruggerci o fermare il corso di ciò che va oltre la ricostruzione. Noi brasiliani e brasiliane siamo molto di più di quello che i vertici del potere vedono in noi; siamo molto di più di quello che ci è stato permesso essere; siamo e saremo sempre la forza che accoglie e si riconosce sempre di più nella diversità e che vede l’uguaglianza come base di ogni tipo di giustizia. Per questo siamo consapevoli che la posta in gioco non è solo la difesa del governo democraticamente eletto contro le forze della necropolitica, non è la difesa esclusiva del governo legittimo di Lula, del Congresso, del Senato o della Corte Suprema, contro i quali anche noi abbiamo critiche e contrasti, ma che riconosciamo come istituzioni legittime perché rappresentano le conquiste della nostra lotta contro forze che da secoli ci sottovalutano, ci violano e ci uccidono, attaccando i nostri spazi e la nostra cultura.
In questo momento è il Brasile che promuove la vita e si unisce in atti pubblici contro il più grave attacco alla democrazia dalla fine della dittatura civile-militare nel nostro Paese. Al di là di tutte le indagini legali, procedimenti giudiziari e punizioni necessarie, noi ci batteremo per il rafforzamento della democrazia contro la necropolitica dei fascisti. Difendiamo il Brasile formato dalle donne, dai neri, dai popoli indigeni, dalle minoranze LGBTQIA+, dalle periferie e dalle aree intere dove la vita non è una garanzia. Per questo, non solo ripudiamo, ma dichiariamo anche la nostra mobilitazione attiva contro il fascismo e tutti i suoi aspetti. Risponderemo alle strategie di lawfare, corruzione, diffusione di immagini e notizie false che hanno preceduto il terrorismo violento con il nostro consueto lavoro, con il nostro impegno. Non tolleriamo più simili truffe. Non tollereremo più ordini che ci mancano di rispetto. Tanto meno permetteremo qualsiasi prospettiva di tolleranza o riduzione dell’importanza del razzismo, del capitalismo finanziario speculativo, dell’attenuazione della violenza maschilista e del patriarcato, dello sfruttamento distruttivo della natura che sono alla base del tentativo di colpo di stato a Brasilia di questa domenica e della gestione degli ultimi anni.
Le diverse forme del sapere, di esperienze plurali che caratterizzano il nostro popolo, ci uniranno saggiamente contro la bestialità dell’estrema destra e rafforzeranno i legami con l’America Latina. Invitiamo tutti coloro che difendono i diritti umani e la vera democrazia e diffondere questa nostra nota e a restare uniti in questa nostra mobilitazione. I fascisti non passano e non passeranno. Brasile e America Latina hanno fame di vita, di uguaglianza e di verità. Speriamo che questo episodio segni la fine di ogni forma di ingiustizia e di violenza in Brasile.