Approfondimenti

Con i loro occhi

Educazione antimafia e immaginario mafioso.
Due rapporti di ricerca, basati sulle indagini effettuate nelle scuole secondarie di secondo grado in Toscana (2010), nel Lazio (2011), Liguria (2012), in Piemonte e Lombardia (2013-2014).

Prefazione - di Michele Gagliardo

In questi ultimi anni si è assistito ad un aumento notevole di progetti e percorsi di educazione alla legalità. In ogni parte del territorio nazionale, in tante scuole di ogni ordine e grado, migliaia di insegnanti si sono impegnati collaborando con differenti realtà locali, nella promozione di una cultura della legalità. Una ricchezza enorme, un patrimonio civile unico, un impegno diffuso nei confronti del quale non si può che provare ed esprimere gratitudine. Ma fermarsi nel riconoscere tale situazione non è sufficiente: a fronte della estrema vulnerabilità dei contesti e delle vite in crescita; a fronte dell’inasprirsi dell’azione mafiosa, serve mettere in atto un atteggiamento serio e responsabile di valutazione. Serve domandarsi a cosa sia utile tutto questo fare; la congruenza degli oggetti di lavoro e delle metodologie formative; l’esistenza o meno del legame con i territori; le conoscenze, le competenze ed i sentimenti promossi; il livello di contatto con la storia dell’antimafia, nelle sue differenti sfaccettature; le leve di cambiamento ed i processi locali attivati. L’agire ed il riflettere sull’azione devono riuscire a procedere insieme al fine di meglio orientare l’azione stessa, rendendola maggiormente incisiva, generatrice di crescita e trasformazione.

In questa direzione affonda le sue radici la decisione di investire in percorsi di ricerca attenti a mettere in evidenza la tipologia e la qualità degli immaginari che i giovani hanno sul fenomeno mafioso. Atto dovuto nel rispetto e al servizio di chi si è speso e si sta spendendo; scelta azzeccata in virtù dei risultati che strada facendo vengono raccolti e che, per ciò che riguarda i territori della Lombardia e del Piemonte, si possono trovare nelle pagine che seguono.

Il nodo delle rappresentazioni è in sè delicato e potente. Delicato in quanto al processo di costruzione degli immaginari individuali e collettivi concorrono molte forze, non solo gli interventi di educazione alla legalità, ma fattori di carattere culturale, ad esempio veicolati dai media in forme e con strumenti diversi. Delicato è dunque riuscire a stare in una posizione di “confine” per scorgere connessioni ed interferenze tra questi differenti “sistemi educativi”. Potente proprio perchè pensando che le rappresentazioni si nutrono del rapporto tra mondo esterno e mondo interno di individui e gruppi, mettono immediatamente in evidenza il principale strumento attraverso il quale questa relazione si sostanzia: le scelte di comportamento. Da ciascuna di queste aree di interesse sono emerse stimolanti osservazioni base per riflettere e migliorare l’investimento attorno all’educazione alla legalità.

Entrando nel merito del materiale raccolto mi permetto di soffermarmi brevemente su due tematiche specifiche. La prima ha a che vedere con i “linguaggi dell’educare”. Nel questionario sottoposto alle studentesse e agli studenti erano presenti alcune domande atte a mettere in evidenza la tipologia di strumenti e situazioni formative principali. Il dato interessante che emerge è la prevalenza di un paradigma di tipo cognitivo, seguito da approcci affettivo – evocativi.

La dimensione cognitiva è solo una delle aree sollecitate dalle mafie e dalla cultura mafiosa, nell’attività educativa; esse agiscono prima di tutto nelle sfere delle profondità degli individui, istruendo sentimenti selettivi orientati a fortificare appartenenze e separazioni, interferendo presso i criteri di attribuzione di significato alle cose e alle scelte della vita. Contengono, rendono appartenenti, rispondono in maniera totalizzante alle domande di crescita delle persone e lo fanno attraverso una “educazione laterale” assolutamente connaturata con la quotidianità. Dalla rielaborazione delle risposte si coglie uno sbilanciamento verso la cura della dimensione cognitiva, quella dei contenuti, delle conoscenze; quasi sottovalutando il potere delle emozioni, delle esperienze, delle pratiche, del “crescere mentre”. Da qui due osservazioni: si può investire molto di più sull’organizzazione di una educazione alla legalità più vicina alla vita delle persone e dei territori; più attenta al mondo interiore ed ai processi che influenzano le scelte fondamentali della vita; si può lavorare molto di più sulla costruzione di un profilo etico, che prenda vita internamente alle attese reciproche delle persone in relazione. In secondo luogo, appare evidente ripensare a qualificare ulteriormente la parte relativa ai contenuti, attraverso un graduale recupero della storia dell’antimafia in Italia. Una storia antica, della quale poco sembra sappiano i giovani intervistati, cornice indispensabile in cui inserire gli altri elementi di memoria attorno ai quali si sta già lavorando.

La seconda tematica sulla quale intendo soffermarmi si lega all’idea di lotta alle mafie. Anche da questa sezione della ricerca emergono indicazioni interessanti. La lotta alle mafie sembra essere una responsabilità che non riguarda tutti i cittadini; serve la presenza di una oppressione riconosciuta per dare senso e movimento alla lotta di singoli e gruppi. Così, di conseguenza, non è percepita come un dovere per ogni cittadino che intenda essere tale, ed il coraggio sembra essere condizione prevalente dell’agire. Allora, maggiore attenzione dovrebbe essere posta nella direzione di dare ancor più forza allo sviluppo del senso di giustizia, alla consapevolezza del progetto di uomo e di mondo che si sta desiderando ed inseguendo, del valore dell’amore per le cose, le persone e per il mondo, delle forme di passione civile esistenti.

Queste sono solo alcune tra le suggestioni che possono evidenziarsi dalla lettura e dallo studio di questa ricerca. Usiamo questo materiale, documento prezioso, per ripensare e rilanciare il nostro lavoro. Facciamone uso in gruppi di confronto e laboratori di progettazione; partiamo dalla realtà per meglio allineare il nostro progetto di cambiamento.

Alle persone che si sono spese in questi mesi per rendere possibile il progetto di ricerca, va un grande ringraziamento: a chi ha pensato e coordinato scientificamente il percorso; agli insegnanti che hanno collaborato con energia; a chi a deciso di partecipare compilando i questionari; a chi ha rielaborato il materiale producendo il rapporto qui pubblicato.

Buona lettura!

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