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Una tentata estorsione pluriaggravata dal metodo mafioso e legami con esponenti di spicco della criminalità organizzata. E ancora, cinque incendi in pochi anni e milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in arrivo. Sono gli elementi al centro della nuova videoinchiesta di Libera Bologna - “Il mondo nascosto del Parco del Dopolavoro ferroviario” - pubblicata a ridosso della partenza, nel tribunale del capoluogo emiliano, del dibattimento di un nuovo processo in cui per la prima volta dopo diversi anni viene contestata l’aggravante del metodo mafioso.
Il Parco del Dopolavoro ferroviario è uno degli snodi strutturali nell'impianto urbanistico- ferroviario di Bologna, a poco più di un chilometro dalla stazione centrale: uno spazio sempre più frequentato, con locali, bar, campi sportivi, associazioni e ristoranti. È su questo Parco che il Comune di Bologna ha avviato una progettazione legata al PNRR: il Parco, che oggi è di proprietà di Ferrovie Italiane, dovrebbe passare in estate al Comune che investirà 11 milioni di euro di fondi pubblici per la sua riqualificazione. Così, il valore economico delle attività che ci lavorano aumenterà ulteriormente.
Dietro l’immagine di uno spazio sempre più vissuto e in via di riqualificazione, ci sono però fatti che destano preoccupazione: un primo livello composto da cinque incendi che, dal 2017 al 2023 hanno colpito l’Arena Puccini, lo spazio all’interno del parco gestito dalla Cineteca di Bologna che qui organizza, ogni estate il cinema all’aperto. C’è poi un ulteriore e distinto livello: secondo le carte del processo appena iniziato a Bologna, nato dall’operazione “Reticolo”, nel parco del Dopolavoro ferroviario ci sarebbe stata un pestaggio, che si concretizza nella contestazione di una tentata estorsione pluriaggravata dal metodo mafioso.
Un reato di cui sono accusati i due principali imputati dell’inchiesta, ritenuti vicini alla ‘ndrangheta, ma anche il gestore di diverse attività economiche a Bologna, dal parco fino al centro storico della città. Una vicenda in cui, sempre secondo quanto emerge dalle carte, spunta anche il nome di Luigi Muto, ‘ndranghetista condannato in via definitiva nel maxiprocesso Aemilia.
Fatti raccontati da Libera Bologna grazie a diverse segnalazioni arrivate al coordinamento locale dopo la pubblicazione delle prime inchieste e grazie alle carte giudiziarie di un processo fondamentale, dove reati economici sempre più al centro dei procedimenti contro le organizzazioni mafiose si uniscono a violenze, intimidazioni e minacce. Un processo in cui Libera chiederà di costituirsi parte civile, per continuare a tenere alta l’attenzione anche in una città come Bologna che era sempre rimasta fuori dai grandi processi di mafia.