Approfondimenti

La lezione di Giulio e Patrick. Un altro mondo è possibile

Don Luigi Ciotti, sulle pagine de La Stampa commenta il rilascio di Patrick Zaki e ricorda Giulio Regeni

Abbiamo gioito e tirato un sospiro di sollievo alla notizia della scarcerazione di Patrick Zaki dopo 670 giorni di carcere durissimo. Ma la gioia non deve annebbiare la nostra lucidità e coscienza critica. Per almeno tre motivi.

Primo, perché Patrick è stato scarcerato ma non assolto, quindi da qui al 1° febbraio, data in cui dovrà ripresentarsi davanti a una Corte egiziana, bisognerà continuare a mobilitarsi e manifestare contro l’infamia di una carcerazione di cui non è stata detta la ragione perché il regime che l’ha decisa si sente investito di un potere assoluto, un potere che non risponde dei propri atti. Ecco dunque la necessità di tenere alta l’attenzione sul destino giudiziario di Patrick con iniziative sociali e politiche come quella con cui la Camera dei deputati, il 7 luglio scorso, ha approvato a grande maggioranza la mozione con cui l’esecutivo s’impegna conferire la cittadinanza italiana a una persona che nel nostro Paese ha trovato – e questo speriamo diventi regola – accoglienza, affetto e sostegno.

Secondo, perché la scarcerazione di Zaki non deve farci dimenticare il buco nero e la vergogna della vicenda di Giulio Regeni. È auspicabile a questo punto, da parte del nostro Paese, una richiesta formale di riapertura del processo sulla morte di Giulio, tanto più dopo le conclusioni della Commissione parlamentare d’inchiesta, che ha individuato negli apparati di sicurezza egiziani i colpevoli del sequestro, della tortura e dell’uccisione. Se è infatti impossibile colmare il vuoto della perdita occorre fare di tutto affinché si accertino almeno le responsabilità. Penso alla sofferenza di Claudio e Paola, i generosi, combattivi genitori di Giulio e rivedo quella di tanti famigliari delle vittime delle mafie, che alla sofferenza della perdita dei loro cari hanno dovuto sommare quella della mancanza di verità.

Terzo, per un motivo insieme culturale e etico, ingredienti fondamentali perché la politica riprenda a essere uno strumento di pace e di giustizia. Dietro l’inaccettabile detenzione di Patrick e le menzogne e i silenzi sull’omicidio di Giulio c’è infatti una più generale questione di degrado culturale e di perdita di civiltà. La politica non può sottostare a principi di convenienza e a equilibri di potere quando c’è di mezzo la vita e la libertà delle persone. Sì, perché l’etica non è un articolo di mercato, una merce in vendita: l’etica non ammette mediazioni o negoziati. Penso, ad esempio, al contratto per forniture militari firmato l’anno scorso proprio con l’Egitto. Si tratta di una violazione, anzi una negazione, di un principio fondamentale della democrazia: non fare affari con regimi totalitari. È un atto inaccettabile per chiunque creda nella democrazia, ed è uno schiaffo per chi, come i famigliari di Giulio Regeni, ha avuto da quei regimi sofferenze e lutto.

La politica nazionale e internazionale non cambierà finché la sua etica si fermerà alle parole e alle intenzioni. Non cambierà finché le ragioni del profitto saranno più importanti di quelle della giustizia e del bene comune. Nella memoria di Giulio e nel perdurante sostegno a Patrick – giovani che ci indicano una via di cambiamento vero, non di semplice adattamento – impegniamoci quindi di più per porre fine alla mercificazione dell’etica e quindi della vita. Impegniamoci per lasciarci alle spalle lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sul pianeta. Questi giovani ci dicono che un altro mondo è possibile, ma solo se ciascuno di noi si sente responsabile di costruirlo, difenderlo e alimentarlo.

Luigi Ciotti I La Stampa 10 dicembre 2021

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