Approfondimenti

Dai narcotrafficanti alle organizzazioni criminali: lo scenario di Rosario si è già visto in Sicilia con Cosa nostra

La riflessione pubblicata su eldiarioar.com di Lucas Manjon Rappresentante di Libera in Argentina

A Rosario, in Argentina è in atto una sanguinosa guerra per il controllo della droga. Con azioni violente, sangue e intimidazioni pubbliche, le organizzazioni dedite al narcotraffico di Rosario cercano di ristabilire un patto di convivenza che avevano da anni con parte della polizia, della politica e della magistratura. La perdita di controllo sullo spazio pubblico è diventata flagrante con attacchi contro edifici giudiziari, scuole, sindacati, media e imprese in genere, con un numero record di 288 omicidi registrati a Rosario nel 2022.

L'analisi pubblicata su eldiarioar.com il 3 marzo 2022 di Lucas Manjon Rappresentante di Libera in Argentina e Coordinatore del Progetto Bien Restituido.

La Cosa Nostra ha più di 100 anni di storia. Il momento spazio-temporale di maggiore crescita per l'organizzazione mafiosa si è verificato con l’esplosione del mercato internazionale della droga negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale negli anni '60, e poi con la chiusura delle raffinerie di oppio in mano alla mafia corsa negli anni '70. La classe politica siciliana e parte della politica nazionale, oltre ad aumentare il proprio tenore di vita con i soldi che cominciavano a ricevere dalla mafia, aveva in questa un alleato politico, instabile, ma comunque alleato. La poca partecipazione politica siciliana, dovuta alla scarsa fiducia che i cittadini meridionali avevano - e hanno - nei confronti dello Stato Nazionale, trasformò le reti di dipendenza e clientelari di Cosa Nostra in una fetta appetibile di elettori per i partiti politici in occasione delle elezioni. Però l'accordo squilibrato tra la mafia e alcuni settori dello Stato è stato rotto quando un gruppo di politici, magistrati, giornalisti e membri delle forze di polizia ha deciso di affrontare Cosa Nostra.

Nel 1987 un gruppo speciale di giudici e pubblici ministeri - il famoso pool antimafia - ottenne, dopo una serie di indagini, le condanne di quasi trecento mafiosi, compresi i vertici dell'organizzazione. Con quella sentenza il patto tra mafia e funzionari statali corrotti fu messo in scacco. I livelli di violenza prima della sentenza erano alti, ma tollerabili secondo i criteri della mafia, del settore corrotto dello Stato e di parte dell'opinione pubblica. L'accordo tra i funzionari e l'organizzazione mafiosa prevedeva che i primi fossero incaricati di impedire a qualsiasi istituzione statale di interferire con le attività criminali di Cosa nostra e la seconda fornisse i soldi, i voti e ogni soluzione speciale ai problemi che i funzionari avevano bisogno di risolvere al di fuori dello stato di diritto. L'accordo tra la mafia e alcuni settori dello Stato era tacito. La mafia sapeva che il potere dei funzionari statali era superiore e che i suggerimenti che davano dovevano essere accettati: per esempio, se potevano o meno commettere un omicidio, se potevano o meno partecipare a un appalto pubblico. Ma la costante crescita di Cosa Nostra nel settore economico e civile della società siciliana ha portato i vertici dell'organizzazione criminale ad attaccare funzionari un tempo loro alleati. L'obiettivo era quello di punirli e sostanzialmente sostituirli con altri funzionari, che potessero generare e sostenere un nuovo patto.

L'Argentina e il mercato

Dall'inizio del secolo, l'ingegno e la tecnologia hanno distrutto concetti storicamente radicati sui paesi produttori e sui paesi consumatori. Le agenzie di sicurezza hanno individuato decine di laboratori allestiti per finire di produrre cocaina o per fabbricare droghe totalmente sintetiche. Nel mercato internazionale della droga, l'Argentina continua ad essere prevalentemente un paese di transito per la cocaina prodotta in Bolivia, Perù e Colombia verso l'Europa e l'Asia. La debolezza amministrativa e operativa delle istituzioni governative, le vaste e interconnesse vie d'acqua che il Paese ha con altri Paesi della regione e che facilitano il trasferimento delle merci in transito, unitamente a una valuta nazionale indebolita rispetto al dollaro USA, hanno trasformato diverse regioni del Paese in importanti centri di trasbordo del mercato internazionale della cocaina. Tuttavia, tale funzione quasi esclusiva che le organizzazioni criminali internazionali assegnano al Paese in questo grande mercato internazionale, non esclude l'esistenza di un mercato interno nazionale.I mercati interni della droga in tutto il mondo sono soggetti allo sviluppo economico generale di ciascuno dei paesi e alle relazioni di quei paesi con gli altri. Come ogni settore dell'economia, i singoli mercati - legali o illegali - sono in gran parte legati allo sviluppo o al declino dell'economia nel suo complesso. Il mercato argentino è piccolo, sia il legale che l'illegale, per questo motivo il mercato criminale interno non è mai stato appetibile per le organizzazioni criminali internazionali.

Il prezzo delle droghe in America Latina è determinato in dollari. Tutte le transazioni nel mercato internazionale degli stupefacenti - dai paesi di produzione ai grossisti - vengono effettuate in dollari, ma le vendite al dettaglio vengono effettuate nella valuta a maggiore circolazione interna, generalmente la valuta nazionale. Confrontando il mercato della droga in Argentina con i mercati in Brasile e Messico, si riconosce ulteriormente che il mercato interno argentino è molto più piccolo. Non solo per il numero di consumatori reali e potenziali in ciascuno di essi, ma anche rispetto alla differenza di margini di profitto che si potrebbero ottenere in ciascuno di essi. La debolezza del peso argentino rispetto al dollaro USA non solo riduce i livelli di profitto che le organizzazioni possono ottenere, ma le costringe anche a ridurre la qualità del prodotto, per mantenere i margini di profitto che avevano in precedenza. Situazione che si è verificata nella cosiddetta "tragedia della porta otto" del febbraio 2022, quando la cocaina è stata mescolata con un oppiaceo sintetico per ridurne la qualità e aumentare il volume disponibile. Però, malgrado il fatto che il mercato argentino sia piccolo e periodicamente svalutato, è pur sempre conveniente per le organizzazioni dedite alla vendita di droghe al dettaglio nei grandi centri urbani del Paese. Per molto tempo la cocaina che entrava nel Paese lo faceva dalla Bolivia verso le province confinanti. Ma con la crescita qualitativa e quantitativa delle organizzazioni dedite al narcotraffico di origine brasiliana, uruguaiana e paraguaiana, il transito della cocaina si è spostato verso est, utilizzando il fiume Paraná, che si è trasformato in una lunga linea bianca, zigzagante e tortuosa. con 28 porti privati e statali tra le città di Santa Fe e Rosario.

Se prendiamo come riferimento le indagini e le sentenze giudiziarie, fino all'inizio del 2013 le organizzazioni dedite al narcotraffico del dipartimento di Rosario avevano un accordo di convivenza con parte della polizia, della politica e della magistratura; così come esistevano accordi tra le diverse organizzazioni criminali del luogo. La polizia di Santa Fe fungeva da organo di controllo di quel patto. La polizia era incaricata di mantenere i livelli di criminalità dentro limiti accettabili. Ma a differenza di quanto avveniva in Italia, dove anche la criminalità era parte in causa, a Rosario lo sono stato soltanto la classe politica, giudiziaria e imprenditoriale legata alla criminalità. Però questo schema è andato in crisi dopo l'arresto dell'allora capo della polizia di Santa Fe; da quel momento in poi gli accordi hanno cominciato a rompersi. Di fronte agli eventi giudiziari, giornalistici e criminali che si sono scatenati in seguito, la politica ha risposto nominando e rimpiazzando in tempi molto brevi diversi funzionari ai vertici della polizia di Santa Fe e del Ministero della Sicurezza. Il via vai di nomi, insieme al depotenziamento interno ed esterno che si generava, ha portato altri e più gravi problemi: i cittadini e i funzionari onesti si sono ritrovati senza protezioni e le organizzazioni criminali hanno cominciato ad agire con maggiore autonomia, frammentate e sfidando il potere di quei settori dello Stato, che in precedenza erano i suoi alleati. Anche i subordinati dei subordinati dell'ex commissario destituito erano corrotti e furono rimossi anch'essi. In un siffatto contesto, Ogni organizzazione dedita al narcotraffico si è sentita sufficientemente capace - economicamente e come dotazione di armi - per spazzare via i suoi diretti concorrenti in un mercato che se da un lato si è a poco a poco ampliato, dall’altro si è svalutato come una diga rotta. 

Attualmente a Rosario, come successo nel 2013 in altre città del paese, come Cordoba e Tucuman, le organizzazioni criminali cercano di imporre un nuovo patto imponendolo attraverso il sangue, i proiettili e le intimidazioni pubbliche, principalmente verso le istituzioni statali. Le organizzazioni criminali non hanno problemi nel trovare funzionari da corrompere, ma hanno bisogno che siano abbastanza potenti da controllare il fenomeno dalla testa ai piedi. L'attuale situazione nel grande Rosario rappresenta una reale opportunità per articolare una serie di misure a breve, medio e lungo termine per prevenire cambiamenti che, se si concretizzassero pienamente, potrebbero essere molto più difficili da invertire. È necessario evitare che le organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti diventino "organizzazioni criminali complesse", con la capacità e il potere sufficiente per intervenire in un maggior numero di aspetti della società. La situazione a Rosario è simile a quella di altre zone urbane del Paese, ma la rottura del patto stabilito nella città dello Stato di Santa Fe porta con sé la possibilità di impedire che venga stipulato un nuovo patto tra le organizzazioni criminali e settori corrotti dello Stato.

In Italia, Cosa Nostra non si è mai proposta di occupare totalmente lo Stato, né tantomeno di distruggerlo. Le organizzazioni criminali sono parassitarie, hanno bisogno di un organismo vivente per sopravvivere. La mafia siciliana attraverso intimidazioni pubbliche - omicidi e minacce - cercava nuovi e migliori canali di dialogo con i settori corrotti e impauriti dello Stato italiano. In Sicilia la lotta alla mafia è ancora in atto. Il lavoro di oggi trae la sua linfa dalla memoria dell'impegno e la volontà dei funzionari e dei cittadini che, lavorando insieme stabilirono leggi e meccanismi che sottraessero i beni alle organizzazioni criminali, regimi penitenziari speciali per impedire ai mafiosi di continuare ad ordinare crimini dalle carceri e crearono istituzioni dedicate esclusivamente al perseguimento dei crimini legati alla criminalità organizzata.

Forse gli esempi di lavoro, di lotta, e di memoria che giungono dall’altra parte dell’Atlantico, possono servire da guida per affrontare un fenomeno che in Argentina è ancora allo stato embrionale.

Progetto
Bien Restitudo
Libera in America Latina

Bien Restitudo

In Argentina un progetto lo smantellamento patrimoniale della criminalità organizzata e il rafforzamento della società civile partendo dall'esperienza italiana di riutilizzo dei beni confiscati alla mafia

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