Approfondimenti

Riccardo e Jasmine, il volontariato con Libera per imparare dagli sbagli

Hanno commesso piccoli reati, dopo la comunità la messa in prova.

Piccoli furti, spaccio. Errori che, quando sei ancora un ragazzo, possono segnarti una vita: condurti nel baratro, o se, affrontati nel modo giusto, farti risalire e rimetterti sulla strada maestra. È un po' quello che è successo a Jasmine e Riccardo (i nomi sono di fantasia, per proteggere le loro identità) che ancora minorenni hanno commesso dei reati che li hanno portati ad avere a che fare con la giustizia. Ma dopo i passaggi in comunità, la messa alla prova nell'associazione Anemmu di Libera (una delle realtà genovesi dove i minorenni si riscattano dai loro errori con volontariato e attività di impegno sociale), hanno ridato un senso alla loro vita. Riemergendo da quello sbaglio con fatica e impegno. 

Jasmine aveva 15 anni quando, dopo l'ennesima fuga da casa, da Genova si è trovata a Milano insieme alla compagnia sbagliata. «Mi hanno coinvolta nel furto del cellulare di una ragazzina all'uscita da scuola», racconta consapevole che non ha fatto la cosa giusta. Ma non ha saputo dire di no, e si è lasciata trascinare: «Stavo attraversando un periodo difficile, bevevo e fumavo», spiega senza giustificazioni. Dopo il furto scatta la denuncia e Jasmine si ritrova in commissariato: i documenti da compilare, la paura, le comunità - ne ha girate tre prima di trovare quella che le ha permesso di riflettere e maturare dove la severità andava a braccetto con accoglienza e coerenza -. Oggi Jasmine ha 19 anni, è determinata e intraprendente, vive con i suoi genitori, e non fugge più. Come le ragazze della sua età ha tanti sogni e dubbi: si è iscritta alla Facoltà di Economia e Commercio a Genova e a breve darà il suo primo esame, («perché mi piacerebbe fare l'imprenditrice»), ma vuole anche provare a entrare nell'Arma dei Carabinieri, anche se teme che quella macchia possa precluderle la strada: «Ma proverò lo stesso a fare il test», dice sicura. Quell'episodio d'altronde, ormai è soltanto un ricordo: «Non lo vedo più come un cosa di cui vergognarmi, come avveniva all' inizio, ma un'esperienza che mi ha arricchito. Mi ha fatto distinguere il bene e il male». E, come ha imparato facendo attività da Anemmu - andando nelle terre confiscate alla mafia, ascoltando i racconti di chi l'illegalità l'ha vissuta e combattuta in prima persona: «Se si vuole ci si può tirare fuori». E oggi porta questo messaggio ai ragazzi che stanno facendo la messa alla prova in questa associazione, dove è rimasta come volontaria. E la sua parola ha un valore in più: perché è quella di chi ce l'ha fatta.

Anche Riccardo ha fatto la sua messa alla prova da Anemmu, un anno di attività finito ad agosto con un esito positivo. A 15 anni è stato imputato per spaccio, ma oggi ha ricominciato a progettare il suo futuro. La paura che quell'errore avrebbe potuto segnarlo per tutta la vita c'è stata, ma in quell'anno trascorso tra impegno e apprendimento: «Mi sono reso conto che esistono tante storie di vita diverse, e che ci sono tante variabili che possono indurre una persona a commettere un gesto sbagliato, e questo mi ha fatto capire che non si può giudicare un libro dalla copertina». Ha iniziato a spacciare per comprarsi l' erba e fumare, ma: «Dopo che dai tante facciate; o continui a darne o cambi». E così: «Mi sono reso conto di non stare bene, perché se continui a drogarti, anche solo fumare, ti rendi conto che le tue aspirazioni devono, per forza di cose, essere limitate, e io invece volevo fare di più: voglio studiare e coltivare ambizioni più alte». Quello che gli ha fatto dire basta è stato un percorso di maturazione, fatto di incontro e confronto con altri e non vedendo attorno a se «occhi che ti giudicano». E anche se non sa ancora bene cosa farà da grande, ha però ricominciato a sognare, con la forza dei suoi 17 anni. Un buon inizio.

09.12.2018 | Rosangela Urso la Repubblica Genova

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