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Libera lo sport

Lo sport come una strada per crescere, con impegno e responsabilità.

Immaginiamo di scrivere una lettera allo sport. Perché proprio allo sport? Perché in un Paese che ha bisogno di rieducarsi, di riconoscersi, di tornare a sentirsi una squadra, crediamo che la disciplina sportiva possa giocare una partita significativa. Una partita dove in qualche modo nessuno perde. La partita del buon esempio.

Lo sport può essere sponda, porto, àncora per chi non trova nessuna maglia da indossare perché vive ai margini, o ha paura di entrare in campo perché ha un colore della pelle diverso dal bianco o una parte del corpo in meno.

Lo sport come occasione per raccontare la bellezza di andare oltre il limite e il valore della ripartenza. È successo tutte le volte che ragazzi e ragazze con disabilità hanno camminato e corso con noi nelle nove edizioni di Libera la natura: un viaggio itinerante di sport e formazione che, ogni anno, vede studenti delle scuole primarie di secondo grado di tutta Italia partecipare ad una staffetta nei beni confiscati alle mafie, oggi restituiti alla collettività e quindi alla gioia e ai sorrisi di chi si gode la meraviglia di un bene tornato a disposizione di tutti, invece che dei pochi che l’avevano rubato. Una staffetta metafora del valore del “noi”, del mettersi in gioco insieme, del fare ciascuno un pezzetto di strada, con il proprio passo, stringendo tra le dita un testimone speciale: un pezzo di legno di una barca arrivata a Lampedusa. Un pezzo di legno che continua a raccontare una dolorosa storia di vite perse, di speranza, di povertà, e che ci richiama, ci responsabilizza, al dovere universale dell’accoglienza. Storie di chi non si arrende, come i familiari delle vittime innocenti delle mafie, che chiedono ancora oggi verità e giustizia, che scendono in campo raccontando il loro dolore mai stanco.

L’hanno fatto anche nel torneo D(i)ritti in rete, un mini campionato di calcio a 5, organizzato a Torino e Messina, con la partecipazione dei ragazzi impegnati nel progetto ”Amunì”, una cinquantina di giovani, tra i sedici e i vent’anni, sottoposti a procedimento penale da parte dell’Autorità giudiziaria minorile e impegnati in un percorso di riparazione. Ogni squadra “Amunì” ha adottato una vittima di mafia, conosciuto la sua storia e portato il suo nome sulla maglia. Anche lo sport può infatti educare al valore della memoria.

Eh sì, caro sport, hai un potenziale immenso. Speriamo che se ne accorgano in tempo allenatori, docenti, istituzioni, per far sentire unita questa Italia non solo quando sventola il nostro tricolore, ma anche dentro uno spogliatoio di una palestra di periferia, dove ogni bambino, ogni bambina, comincia a inseguire la propria favola, la stessa favola per tutti, con un traguardo da raggiungere, prima piccolissimo, poi sempre più grande. Una favola uguale in tutte le lingue, che non ha bisogno di tante parole, che si impara in un secondo e non si scorda mai più. Una bella favola, come Libera in goal, alla sua settima edizione: un torneo di calcio a 5 a Scampia, dedicato alla memoria di Antonio Landieri, vittima innocente di camorra. Il torneo unisce lo sport a momenti di formazione, testimonianze e incontro con le realtà associative del luogo, per stimolare i giovani a riempire il tempo attivamente, imparare a stare insieme, conoscere il territorio e prendersene cura.

Caro sport, tu puoi cambiare la vita delle persone. Puoi insegnare che non si diventa migliori prendendo scorciatoie, urlando contro l’avversario, non accettando il verdetto. La grande magìa che ti rende unico è la tua capacità di affratellare. Un sentimento di cui questo Paese ha urgente bisogno. Sei un gioco, ma noi ti prendiamo sul serio.

 

 

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Un viaggio itinerante di sport e formazione, una staffetta nei beni confiscati alle mafie.

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