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Decreto anti rave, don Ciotti: "Norma fallimentare, così il governo è miope nei confronti dei giovani

Decreto anti rave, don Ciotti: "Norma fallimentare, così il governo è miope nei confronti dei giovani

Su La Repubblica Intervista al Presidente di Libera su norma Rave, sull'ergastolo ostativo e l'innalzamento del tetto del contante

Intervista al fondatore di Libera: "Dividersi tra indulgenti e proibizionisti può rassicurare forse gli elettorati di riferimento e creare nuovi consensi, ma non aiuta a capire i bisogni e i desideri profondi che animano questi raduni"

La Repubblica 03/11/22  di Conchita Sannino

"L'atteggiamento è miope". E la norma? "Fallimentare". È con la ferma pacatezza di sempre che don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, boccia lo spirito del decreto anti-rave varato dal governo Meloni. La sua conoscenza del mondo giovanile va oltre ogni steccato. Un pastore che da trent'anni continua a fare, con tutta la sua rete, una tenacissima battaglia laica contro mafie e corruzione. Per questo suggerisce "equilibrio, nella giustizia" sull'ergastolo ostativo. E condanna come "favore ai capitali sporchi" l'innalzamento del tetto del contante.  

Don Luigi Ciotti, partiamo dai giovani. Lei non ne parla mai, ma attraversa le loro vite, da generazioni. Il primo decreto del governo non serve ad arginare il fenomeno rave?

"Onestamente, direi che prima di applicare misure restrittive di carattere anche penale, il fenomeno dei rave deve essere innanzitutto compreso nelle sue radici. Dividersi tra "indulgenti" e "proibizionisti" può rassicurare forse gli elettorati di riferimento e creare nuovi consensi, ma non aiuta a capire i bisogni e i desideri profondi che animano questi raduni".

Lei cosa vede in questi raduni?

"Mi sembra così evidente che - come i giovani degli anni '80 e '90 cercavano nelle droghe pesanti una via di fuga da un modello di vita borghese percepito come "alienante" - così i giovani di oggi cercano in questi raduni estemporanei, organizzati per vie informali, la Comunità Perduta: un sentimento del convivere e del condividere di cui nella società del profitto, del consumo e delle guerre non è rimasta traccia". 

Però esiste un problema di legalità e di droga che circola. Molti vanno lì per sballarsi.

"Certo, non ci sono solo musiche ipnotiche e martellanti, ma girano le droghe, una ingovernabile come il "crack" la fa da padrona, ma poiché l'organismo oltre un certo limite cerca disperatamente una sedazione, questo spiega il ritorno in grande stile dell'eroina, sedativo per eccellenza, complice il cinismo e talento imprenditoriale delle narcomafie che la vendono a prezzi stracciati, con ingenti profitti".

Cosa suggerisce: investire sulla prevenzione?

"Certo, ma una prevenzione vera a partire dalle scuole: non solo "informazione" ma conoscenza, magari contando sull'apporto di chi una dipendenza l'ha vissuta e superata".

Il pugno duro non darebbe effetti?

"Pensare che tutto si possa risolvere con provvedimenti punitivi e restrittivi è un atteggiamento miope. Il risultato, fallimentare".

Perché?

"Primo, perché i giovani troverebbero altri canali e luoghi per trovarsi e "fare comunità". Secondo, perché chiuderemmo per l'ennesima volta occhi, orecchie e coscienze alle domande profonde, radicali che la condizione giovanile pone da sempre alla società degli "adeguati" e dei "conformi".

Il governo Meloni intende anche conservare l'ergastolo ostativo. Ma la Consulta ha dichiarato incostituzionale il "fine pena mai" per chi non collabora con lo Stato. Come se ne esce?

"Credo che il principio di collaborazione vada tutelato nel senso in cui lo pensò Giovanni Falcone, sforzandosi di unire un principio "materiale" di convenienza con un principio etico legato alla funzione rieducativa della pena. Non ci può essere collaborazione, infatti, se prima non c'è una presa di coscienza profonda, quella trasformazione interiore dell'omicida a cui dovrebbe puntare, in generale, l'istituto della pena in uno Stato democratico, come previsto infatti dalla Costituzione".

E la giustizia "esemplare" che chiedono tanti familiari di vittime innocenti?

"La giustizia "esemplare" è appunto quella che non segue una logica vendicativa, ossia la logica delle guerre, dei conflitti tribali, delle faide mafiose. La giustizia esemplare concede un'opportunità e una speranza anche a chi si è macchiato di crimini efferati, a condizione che dimostri nei fatti una volontà di riparare ai propri crimini".

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