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Cose di Scampia

Cose di Scampia

Il racconto del campo di Amunì attraverso gli occhi e le parole di un volontario.

È una cosa bella, è una cosa straordinaria, è una cosa di Scampia. Parlo di un campetto da calcio a 5, situato proprio al centro del quartiere a nord di Napoli. È una calda domenica di settembre e una folla felice assiste alla partita. È la finale di un torneo iniziato quattro giorni prima nella sala del ristorante Chikù, uno spazio di sperimentazione pedagogica e di gastronomia multiculturale che nasce nel 2002 con lo obiettivo di creare relazioni e legami tra comunità rom e italiani. Chikù è una delle anime di Scampia, nata da una volontà aggregativa: le donne e i rom di Scampia, ultimi con ultimi per un esempio virtuoso di come un ristorante possa al tempo stesso essere anche luogo di creazione di legami e sperimentazione.

La storia di questo viaggio inizia al centro di Napoli nella Basilica di Santa Maria della Sanità dove abbiamo ascoltato Antonio Cesarano padre di Genny, 17enne ucciso nel 2015 da raffiche di proiettili camorristi. Antonio è un testimone, racconta la storia della sua famiglia offesa irrimediabilmente da un rigurgito di quell’odio che ora lui stesso cerca di combattere. Antonio parla di verità ai ragazzi di Amunì, il programma rivolto ai minori sottoposti a procedimento penale da parte dell'autorità giudiziaria e impegnati in un percorso di riparazione arrivati con Libera e con il Progetto CLIC (Costruire Legami Inclusivi e di Comunità). Quella di Antonio è una storia di impegno, e così saranno quelle di tutti i personaggi che incontreremo nei giorni successivi.

Scampia è il capitolo successivo di un percorso che va da giovedì 5 a domenica 8 settembre. Ci aspetta Libera in Goal, un torneo di calcio a 5 dedicato ad Antonio Landieri, vittima innocente di Camorra, organizzato dalla Scuola Arci Scampia.

Apparentemente senza storia, Scampia sembra che non abbia nulla da raccontare al mondo, se non quello di un mondo degradato dominato dalla criminalità organizzata, quel mondo senza Stato e senza nomi che vive nel nostro immaginario, da sempre. Una distopica realtà. Eppure non è così, la periferia dell’animo umano è un’istigazione alla violenza contro cui esiste una risposta (in)credibile: i valori, la convivialità, le relazioni, la cura del bene comune. L’educazione. Anche questa è storia da raccontare.

Giovedì, dopo le prime partite del torneo, incontriamo Pasquale Raia di Legambiente (Circolo “La gru”), la natura diventa protagonista del nostro pomeriggio: punto di partenza per la rinascita di un territorio malato è la tutela dell’ecosistema e del suo equilibrio, e così assistiamo alla rimessa in libertà di quattro gheppi che tornano ad essere padroni del proprio destino nel contesto urbano dove, ci spiega Pasquale, sono ormai perfettamente a loro agio. Tra le palazzine popolari, dietro il Parco dei continenti, c’è lo Stadio comunale "Antonio Landieri" Vittima della Camorra, esempio lungimirante di rigenerazione di un luogo abbandonato: la sua erba sintetica viene dagli pneumatici (70mila) destinati a divenire rifiuti tossici in pasto alla “terra dei fuochi”. Incontriamo a piedi degli spalti, Rosario Esposito la Rossa, un uomo dalla straordinaria determinazione che ha fatto della resilienza la sua più grande virtù. Dal giorno in cui morì suo cugino Antonio Landieri, raggiunto anche lui da proiettili maledetti scagliati da mani criminali, ha colto lo spirito di libertà incarnato nell’innocenza del suo familiare per farne il proprio orizzonte per tutti gli anni a venire. Rosario ha scritto sei libri, come editore ne ha pubblicati più di cento, ha aperto il primo spaccio di libri di Scampia: La Scugnizzeria. Una fabbrica di sogni aperta per ragazzi che di sogni ne hanno tanti ma rischiano realizzarne molti pochi. Al suo interno decine di laboratori: corsi di scrittura creativa, di giornalismo, la pirografia artistica, la poesia, la rilegatura dei libri, il riciclo creativo e quello di teatro, fino al TG delle Buone notizie trasmesso dalla radio, l’ennesima invenzione nata tra le mura di questa libreria. Rosario insegna di come spazi e persone possono reinventarsi e rinascere grazie all’arte creativa di chi agisce per il bene comune, di chi made in Scampia.

Per i sogni è anche la squadra e Associazione Dream Team che ha a cuore le donne (Capitale Sociale Femminile) e la loro emancipazione sociale. Sotto la guida della presidente Patrizia Palumbo la rete di cooperative e associazioni si è estesa e rafforzata contribuendo ad aumentare l’offerta di progetti e attività culturali del quartiere. Patrizia ha fondato il primo Presidio di Libera a Scampia. Nella sede di Dream Team ascoltiamo Anna Cincotti che Antonio non l’hai mai incontrato ma dalla sua tragica storia ci racconta di come l’intera famiglia Landieri si è fatta carico della responsabilità di testimonianza, un altro tassello fondamentale per far comprendere a chi memoria non ce l’ha, che la storia di Antonio è anche la storia di Scampia.

Domenica il cerchio si chiude, prima della finale del torneo viene piantato un albero in ricordo ad un’altra vittima: la foresta amazzonica, troppo a lungo devastata da fiamme di un fuoco costante privo di alcun controllo politico. Ancora una volta ritorna il tema della memoria, del ricordare sempre le vittime ingiuste poiché è grazie a queste violente scomparse che spesso la società civile si ri-sveglia, si unisce assieme per costruire un futuro diverso.

A Scampia, come in tanti altri luoghi, ci sono uomini che di professione sono restauratori di umanità. Queste persone hanno capito che la disumanizzazione non è un destino ineluttabile ma il risultato di un ordine ingiusto che genera violenza. Hanno capito che la fragilità è parte di quel “sistema sociale” che loro chiamano casa, i vuoti sociali, i punti deboli vanno trasformati e per farlo ognuno deve fare la sua parte per mettere a disposizione la propria quota di responsabilità verso quel disagio. Queste persone sono state in grado di riempire quei vuoti convertendoli in serbatoi di possibilità e opportunità: muri come tele su cui dipingere, erbacce che diventano parchi, pneumatici che diventano campi da calcio, luoghi abbandonati che diventano librerie e stazioni radio, rinascita, il silenzio che diventa musica, la morte che diventa vita. Il vuoto cercato, accolto e custodito non è mancanza. È spazio denso, carico di dolore e di aspettative, di prospettive e di risorse. È spazio di libertà e di creatività. Può essere inizio di vita autentica e grembo di vita piena. Questo è fare politica, nella maniera più genuina del termine, il senso vivo della politica aperta, dell’impegnarsi per il bene comune.

I custodi di Scampia capaci di liberare anche la Parola dalla gabbia chiamata mafia e degrado in cui Scampia viene rinchiusa dalla comune narrazione. La parola, deturpata dal degrado sociale, urbano, messa a tacere dalla assenza storica delle istituzioni, in primis scuole e università, preda della criminalità, dello spaccio, della violenza, dell’attrazione mediatica, della segregazione sociale si libera nell’impegno educativo e sociale. Dare spazio espressivo alla parola agisce come forza liberatrice.

“La forza degli sconfitti, dei rassegnati, che si danno un motivo in più per ricominciare. Il futuro non è dei vincitori, ma di chi abita un territorio desolato perché gli vuole bene. Chi lavora per rendere possibili i sogni? (…) Chi non parla solo di speranza, ma prova a sperare nella pratica quotidiana. Chi non si sottomette, chi non si adatta, chi non se ne va oppure se ne va e poi ritorna. Chi parla e non ha paura. Anche chi ha paura e convive con la paura e lotta per superarla.”

(Paolo Vittoria, Davide Cerullo, “La pedagogia del fragile, Scampia, specchio delle periferie del mondo) 

Lascio a voi rispondere a questa domanda. Chi ha vinto questa partita?

di Nicola Cavallotti

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